11 Gen Fiera del bianco i tappeti per la casa
La Fiera del bianco
Prepariamo la casa alla nuova stagione
In pieno inverno, proprio come il grano sotto la neve, è il momento ideale per pensare alla nuova stagione che ci attende, rinnovando i tessili di casa.
Per questo la tradizionale “fiera del bianco” si svolge appena dopo le feste natalizie, e non riguarda più solo le future spose, un tempo intente ad allestire i corredi, ma appassiona tutti gli amanti dei tessuti per la casa.
Ad inizio dell’anno, inoltre, l’invito è quello di buttare il vecchio per far spazio al nuovo, e gli oggetti logori di casa non sono che metafora di un significato più ampio (ricordate il decluttering , come inizio per fare ordine?). Non a caso, ecco che, sotto l’etichetta di “fiera del bianco”, il mercato propone occasioni da non perdere, proprio per biancheria e tessili per la casa.
In foto - fiera del bianco i tappeti per la casa
Tradizionalmente, questo era il periodo che prelude alla stagione dei matrimoni, e quindi il momento di massimo lavoro per la preparazione del corredo, un’usanza ancora tramandata anche se con le opportune modifiche.
Il corredo nuziale includeva tutto l’occorrente per un’ottimale gestione della casa: lenzuola, copriletto, camicie da notte, asciugamani, tappetini per il bagno, asciugapiatti e tovaglie.
Oggi, ben al di là degli impegni matrimoniali, tutti possiamo partecipare a nuove fiere del bianco, scoprendo le promozioni in atto su tutti i prodotti di questo comparto tanto amato.
In foto - rigorosamente bianco
I tessuti affascinano con i colori, le consistenze, le “cadute”, danno un piacere tattile, prima ancora che visivo.
Tra abiti e tessili per la casa, forse non ci rendiamo conto che, nella nostra vita e nella quotidianità, siamo costantemente avvolti da tessuti. E così è stato sin dall’antichità.
Filare e tessere - lana, cotone, lino e seta - sono arti fondamentali. Pare che il primo telaio (un telaio a pettine liccio) risalga almeno al 2000 a.C. in Egitto, ma i primi filati che conosciamo, con cui si realizzavano corde, reti o stoffe, risalgono ad almeno 34mila anni fa.
È l’arte “femminile” per eccellenza, forse perché si tratta di un’attività compatibile con lo stare in casa e con l’accudire i figli.
Nella Grecia antica tutte le donne, dalle dee alle regine, fino alle schiave, erano dedite alla tessitura.
La più famosa è forse Penelope, con la sua ingegnosa trovata della tela, come viene narrata nell’Odissea. La regina, rimasta sola nella sua reggia di Itaca, acconsentì a nuove nozze solo una volta terminata una tela che lei tesseva di giorno e disfaceva di notte.
Con questo celeberrimo stratagemma ingannò i principi pretendenti al trono, e potè prolungare l’attesa del ritorno del suo re, Ulisse, dimostrandosi astuta, oltre che fedele.
In foto - la tela di Penelope
La storia del mondo attraverso la tessitura
Ripercorrere la storia della tessitura, e del tessuto in cotone in particolare, significa toccare la storia del mondo intero, tanto è presente nel tempo e in tutti i popoli.
Una storia affascinante che fa da “filo” conduttore per innumerevoli episodi.
In tempi moderni, quelli che si aprono con la scoperta del Nuovo Continente, troviamo i primi collegamenti tra India, Europa e Americhe.
Le grandi piantagioni americane nascono da un seme arrivato dalla via marittima verso l’India scoperta da Vasco de Gama nel 1497, che circumnavigò Capo di Buona Speranza.
I tessuti in cotone prodotti là divennero subito un capo alla moda in Europa. La tela di cotone veniva chiamata “calicò indiano” o “cotonina”, tessuto che si insinuò nelle case, negli armadi e “persino nei letti” delle signore inglesi, come sottolineava irritato qualche commentatore dell’epoca. Nel 1766 il cotone rappresentava il 75% delle esportazioni della Compagnia inglese delle Indie orientali.
Alla storia del cotone si lega indissolubilmente tutta la vicenda della schiavitù in America. Addirittura il cotone era la moneta di scambio per l’odioso mercato di esseri umani che rendeva possibile questa industria.
In foto - i tappeti per il bagno firmati Olivo
Cotone, innovazione, industria
La chiave del successo del mercato dei tessuti in cotone fu l’innovazione tecnologica che venne stimolata nel ‘700 dalla filatura e dalla tessitura. Ci si era resi conto che si doveva puntare a processi industriali più veloci ed economici, in una competizione tra industrie europee e produttori indiani.
In Inghilterra furono inventate la prima spoletta volante (1733), il filatoio multiplo (1764), il telaio ad acqua (1769), il filatoio a vapore (1774) e il telaio meccanico di Edmund Cartwright, del 1785, la prima macchina tessile alimentata a vapore.
Grazie a queste invenzioni, il tempo per la filatura si riduceva fino a 50 volte rispetto il lavoro manuale ancora svolto dagli indiani, e il costo delle stoffe inglesi si abbatteva, rendendo i prodotti europei assolutamente concorrenziali.
L’industria inglese prosperò e conquistò l’intero mercato mondiale. Nel 1862 il paese ospitava due terzi dei filatoi meccanici di tutto il mondo, e ben un quinto della popolazione era coinvolto nell’industria tessile, che produceva circa il 50% delle esportazioni.
Se il prodotto inglese era estremamente competitivo rispetto alla concorrenza indiana, il fattore critico era invece l’approvvigionamento di materia prima, che arrivava dalle colonie.
Le colonie e la produzione in massa
Fino all’800 la lavorazione del cotone era solo una delle voci di bilancio delle famiglie, un’integrazione del reddito dei contadini.
I colonialisti, invece, avevano bisogno di una produzione più consistente e regolare.
Gli stabilimenti delle città potevano lavorare bene solo se il rifornimento di cotone avveniva in modo costante.
Nel 1850 il cotone rappresentava il 60% delle esportazioni americane. L’80% del cotone utilizzato in Inghilterra proveniva dall’America del Nord.
Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, per rispondere alla “fame” delle fabbriche inglesi, il cotone divenne una coltivazione intensiva. Conseguentemente, la popolazione di schiavi crebbe smisuratamente, arrivando in Georgia a raddoppiare nel 1790, e a triplicare in Carolina del Sud.
“Schiavitù e cotone sono la trama e l’ordito del successo americano” si legge in un editoriale del “The American Cotton Planter” del 1853.
L’emancipazione sancita – solo sulla carta - da Abraham Lincoln nel 1863, durante la Guerra civile, non bloccò l’industria del cotone, che iniziò invece una nuova era in America: quella della produzione domestica.
Da merce da esportazione, il cotone iniziava ad essere lavorato in stabilimenti tessili che sorgevano direttamente presso le piantagioni. I tessuti prodotti lì divennero decisamente più economici rispetto quelli inglesi.
In foto - i telai meccanici usati anche per la creazione dei tappeti per la casa
La tessitura in Italia
E in Italia? Nel XIII secolo il cotone era certamente conosciuto, in realtà non molto utilizzato, perché si preferivano lana e seta, ma il suo commercio era fiorente.
A Cortona e Arezzo si trovano opifici dove si lavorava il cotone. Facendo un balzo di secoli, arriviamo alla crisi del cotone della Guerra civile americana, che ebbe pesanti ripercussioni sull’industria europea.
L’unificazione dell’Italia (1861) permise di eliminare i dazi tra gli Stati, e il mercato interno divenne assai fruttuoso, anche se poco concorrenziale rispetto le produzioni di altri Paesi, tanto che per arginare la concorrenza il governo italiano nel 1887 decise di porre un pesante dazio sui manufatti esteri.
L’industria locale riusciva a soddisfare la domanda interna, e questa cresceva, grazie all’affermarsi di un nuovo gusto, alla fine del secolo, che prediligeva il cotone al lino.
Una via d’uscita alla concorrenza inglese furono i mercati dei Paesi dove era diretta la nostra emigrazione, in particolare l’Argentina, allora in grande espansione industriale e con una massiccia emigrazione italiana.
Tra i due stati si creò presto un accordo di collaborazione commerciale. La coltivazione del cotone in Argentina passò da 3300 ettari nel 1914 a oltre 62000 nel 1923.
L’esportazione italiana di tessuti passò da poco meno di 2000 quintali nel 1874 a oltre 267mila nel 1910, e a 585mila nel 1928. Dall’Italia, inoltre, partivano moltissimi operai, la manodopera specializzata di cui l’industria tessile aveva bisogno.
In foto - l'emigrazione Italiana
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